In merito a Caselli, Libera, mafie, spettri e lupi mannari

Per cominciare sgomberiamo il campo dagli equivoci: abbiamo molto rispetto per il lavoro quotidiano portato avanti da Libera.

Detto questo, e proprio per questo, leggiamo con dispiacere il comunicato da loro scritto il 19 febbraio in difesa di Caselli.

Lo leggiamo con disappunto perché evoca fantasmi, mostri e persecuzioni e non si confronta con la realtà.

Proviamo a mettere in ordine con semplicità le vicende.

Partiamo dai protagonisti:

I temibili arrestati, flagello di ogni modernità
Gli ancora più temibili NO-TAV a piede libero, novelli Torquemada
Il savio e retto Procuratore Antimafia, AntiOnda, AntiNoTav Caselli Giancarlo (sappiamo apprezzerà la dizione da denunzia)
Il sempre frizzante connubio di imprese edili, cooperative e mafie assortite che grande hanno reso il nostro Paese.

I luoghi del delitto:

La Val di Susa dove strani villici luddisti proprio non apprezzano il cavallo a vapore
Le metropoli dove novelli Lanzichenecchi si addestrano a guerre civili, pogrom e attentati alla libertà d’espressione
Le migliori librerie delle suddette metropoli teatro di roghi di libri di brillanti magistrati, nonché a volte di pellicole di film sgraditi.

La Trama:

Ora che abbiamo tutti gli elementi non resta che combinarli sagacemente.

Abbiamo una Valle dove gli abitanti si sono da lungo tempo interrogati e successivamente opposti a una grande opera faraonica e tendenzialmente poco utile, ma che sconvolgerà fortemente il territorio.

Non hanno trovato grandi solidarietà proprio in tutti i settori della sinistra istituzionale, ma probabilmente sono questioni di valutazioni diverse completamente slegate dal ruolo del mondo delle Coop negli appalti.

Questi abitanti non si sono trovati soli, ma da tutta Italia molti hanno letto la loro lotta non come una rivendicazione localistica, bensì come una difesa dei beni comuni e che riguardava anche loro.

Quelle persone sono proprio quelle che negli anni hanno percorso le statali, le mulattiere e i sentieri di quella Valle, da Venaus a Chiomonte.

Le hanno percorse perché hanno visto e capito che non vi era nessuna intenzione di confrontarsi con gli abitanti se non con il linguaggio dell’occupazione manu militari.

A questo linguaggio si è risposto negli anni nelle maniere più diverse, ma il messaggio era unico ed è riassumibile nello slogan A SARA’ DÜRA, cioè non sognatevi di poter fare profittevoli devastazioni senza pagarne dazio.

Ed è ora che entra in scena l’operazione giudiziaria portata avanti dalla Procura di Torino, che ritiene molto interessante uno sforzo investigativo nei confronti dei manifestanti e, ma saremo prevenuti noi, non interrogarsi su cosa questa opera possa comportare a livello di radicamento delle mafie o, quantomeno in subordine, se sia particolarmente legittima la trasmutazione di porzioni di territorio in zone militari strategiche con annesso e connesso utilizzo delle Forze Armate.

Ma magari sono solo questioni di lana caprina.

In ultimo le vicende legate al tour di presentazioni del libro di Caselli, si viene accusati di volontà censoria e barbarie assortite, noi non ne saremmo così convinti, in realtà non abbiamo privato della libertà personale nessuno (mentre invece qualcuno che citeremo solo per iniziali G.C., tendenzialmente lo ha fatto) ma semplicemente si chiede conto della discrepanza fra quanto si afferma e quanto poi in realtà si fa.

Quelle espresse in maniera lieve nelle righe precedenti ci sembravano delle questioni da porre a uno dei Campioni dell’Antimafia e della democratica magistratura.

Magari saremmo stati anche rudi per via del distacco forzato dai nostri compagni e compagne ma non avremmo pensato che il fustigatore di mafie e terrorismi si sarebbe sottratto per un poco di vivacità.

Per concludere, se queste righe dovessero sembrare provocatorie non vi sbagliate. Ma a volte si trova intollerabile sentire parlare di libertà e diritti negati quando al massimo si tratta di lesa Maestà nei confronti di chi ama il tintinnio delle manette, non per i potenti, ma per chi si spende in prima persona per la difesa dei beni comuni.

ZAM

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